Restauro facciata di palazzo storico
PALAZZO BARBàRA,
CREMA
2022 - 2024
Palazzo Barbàra sorge all’interno del centro storico di Crema. Il prospetto principale si affaccia lungo la via Civerchi, a poca distanza dalla Piazza del Duomo.
Il palazzo presenta un impianto ad “U”, sviluppato attorno al cortile interno, a cui si accede dall’androne su via Civerchi, chiuso da un portone in legno verso la strada pubblica e delimitato da un cancello in ferro battuto verso il portico del cortile.
Il portico è l’elemento di spicco del piano terra del palazzo, caratterizzato dal soffitto in legno e dalle quattro arcate ritmate da colonne in pietra che sorreggono gli archi a tutto sesto, impreziositi dalle decorazioni quattro/cinquecentesche in terracotta, eseguite dalla scuola di Agostino Fonduli, scultore cremasco.
L’epoca di costruzione del palazzo è stimata tra la fine del Trecento e il Quattrocento, sebbene non vi siano notizie certe riguardo la sua origine.La notizia più remota del palazzo si rintraccia in un atto rogato l’11 dicembre 1433.
Nell’Estimo delle case del 1685 lo stabile risulta censito e di proprietà della famiglia dei Vimercati, mentre nel Settecento subentrano gli Zurla.
Nel 1780, il marchese Luigi Zurla chiamò a Crema il prete Don Carlo Cogliati, primo violino della Cappella del Duomo, direttore d’orchestra nell’Accademia musicale e maestro di musica, a cui diede libera ospitalità nella sua casa, permettendogli di istruire giovani allievi tra cui Paolo Stramezzi e Pietro Bottesini.
Quest’ultimo prese dimora nel palazzo nel 1816, insieme alla moglie Maria Spinelli, da cui nacque qui nel 1821 Giovanni Bottesini, famoso contrabbassista, compositore e direttore d’orchestra.Agli Zurla subentrò Luigi Mozzali, poi nel 1830 l’avvocato Angelo Valcarenghi, a cui succedette il figlio Fortunato.
I Valcarenghi cedettero lo stabile a Giuseppe Baldini, ricco orefice della città. Nel 1901 fu rivenduto ai fratelli Ziglioli di Trigolo, la cui famiglia vi abitò fino alla metà degli anni ’30.
Testimonianze dell’originaria costruzione sono le porzioni di muratura visibili in facciata, oltre le già citate arcate del portico con le relative decorazioni in terracotta.
Dall’osservazione dei catasti storici, si nota che nel 1814 il palazzo era ancora rappresentato secondo la tipologia a corte, con cortile interno chiuso sui quattro lati.
Nella rappresentazione del 1852 l’ala a nord scompare per lasciare libero un affaccio del cortile, definendosi così l’impianto a “U” odierno. Appare qui rappresentato anche il cavedio interno all’ala est.
La forma settecentesca con cui si presenta il palazzo oggigiorno e lo stile barocco della facciata sono invece presumibilmente esito dei restauri promossi dalla famiglia Zurla.
La facciata ha uno sviluppo lineare di circa 40 m e un’altezza di circa 12 m.
La sua conformazione è sottolineata dalle strutture architettoniche e dall’apparato decorativo che la caratterizzano.
La composizione è inquadrata a terra da un basamento in leggero rilievo che unisce le aperture a bocca di lupo delle cantine, protette da grate in ferro, in cima da una fascia sottogronda decorata con modanature che uniscono le aperture del sottotetto, e all’estremità est da una lesena a doppia altezza, mancante invece all’estremità ovest.
Una fascia marcapiano in rilievo sottolinea la divisione tra il piano terreno e il piano superiore.
Le aperture del pianterreno, di cui le due centrali corrispondenti al portico interno risultano cieche, sono impreziosite da cornici ornate a volute e motivi floreali. Il portone di ingresso è inscritto in un portale caratterizzato da lesene e capitelli con volute aggettanti e ritorte.
Un portoncino in legno, allineato all’ultima finestra, consente un secondo accesso diretto all’ala est, direttamente dalla via pubblica.
Il decoro delle aperture del primo piano è invece ulteriormente accentuato e ricco. Le strutture architettoniche delle cornici sono più vigorose, culminanti in cimase mistilinee arricchite da modanature marcate, motivi floreali e protomi umani.
Le cornici decorate sono realizzate in stucco, a rivestimento di strutture in laterizio. Quelle del piano terra presentano un diffuso stato di disgregazione ed evidenti lacune. I decori del piano superiore sono invece meglio conservati, protetti dall’aggetto delle cimase, seppur interessati da abbondante deposito superficiale.
La facciata era interamente intonacata. Nella fascia più alta si sono conservati gli intonaci originali, su cui è possibile intravedere tracce dei relativi pigmenti, seppur in uno stato di diffusa polverizzazione.
Scendendo verso il basso, le lacune dell’intonaco decoeso e distaccato hanno lasciato a vista ampie porzioni della muratura.
Il piano terra, con l’esclusione della porzione a ridosso della fascia marcapiano, risulta invece ampiamente interessato da rappezzi di malte incongrue e ammalorate.
L'intervento di restauro della facciata è stato svolto sotto la supervisione della sovrintendenza delle belle arti della provincia di Lodi Cremona Mantova.